giovedì 4 dicembre 2008

DOPO I GAY, TOCCA AI DISABILI...

Nel giornata internazionale dedicata alle persone disabili, promossa dalle Nazioni unite, dal tema “Dignità e giustizia per tutti noi”, le ossessioni del Vaticano tornano discriminare i meno tutelati nel mondo La Santa Sede infatti, che evidentemente non ha molto chiaro il concetto di discriminazione, dopo aver bocciato la proposta di depenalizzare il reato di omosessualità ancora vigente in 91 Paesi nel mondo, ha confermato il rifiuto a firmare la Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità perché nel testo manca un esplicito divieto all'aborto. Di fronte ad una Convenzione che si pone l'obiettivo di garantire i diritti di 650 milioni di uomini e donne disabili, che rappresentano grossomodo il 10% della popolazione mondiale, il Vaticano si oppone perché «in molti Paesi i servizi per la salute riproduttiva comprendono l'aborto, negando dunque il diritto alla vita di ogni essere umano».Poco importa, per il clero, che la Convenzione sia il primo trattato sui diritti umani del terzo millennio, approvato dall'assemblea generale dell'Onu nel 2006 ed entrato in vigore l'8 maggio scorso e che l'obiettivo sia proteggere le persone con disabilità da tutte le discriminazioni riguardo all'esercizio dei loro diritti. Ma soprattutto poco importa che impegni le 192 nazioni che compongono l'assemblea generale ad adottare leggi che proibiscono discriminazioni basate su qualsiasi forma di disabilità, fisica e mentale, o che la Convenzione dedichi particolare attenzione alla tutela dei bambini disabili.Ma nel mondo della Chiesa avviene anche altro. A sorpresa il maestro generale dei gesuiti, padre Adolfo Nicolás, in un'intervista al quotidiano catalano el Periodico, esprime disappunto per la condanna che la teologia della liberazione ha subìto da parte della Congregazione per la Dottrina della Fede con la prima “Istruzione” su di essa, Libertatis Nuntius del 1984 (ma anche la seconda, la Libertatis Conscientia del 1986, non la “riabilitò”), a firma dell’attuale papa Benedetto XVI, allora prefetto dell’ex Sant’Uffizio. Per il Papa nero la teologia della liberazione «è un risposta coraggiosa e creativa a una situazione di ingiustizia insopportabile in America Latina. Come ogni teologia, ha bisogno di anni per maturare. È un peccato che non le sia stata data fiducia e che le si siano tarpate le ali molto presto, prima che imparasse a volare. Bisogna darle tempo».

Nessun commento: